Ortografia - Bazzoni

Gumenti si schribi in Sassaresu (Come si scrive in sassarese)

La questione ortografica è uno dei problemi più discussi e controversi del nostro dialetto. Non ci sembra questa la sede opportuna per tentare di aprire un discorso in merito a tale argomento;(...viste le discussioni sul forum politicaonline.net a riguardo...abbiamo capito che è una questione politica!)
Sarà comunque necessario dare qui delle spiegazioni circa alcune scelte ortografiche fatte nella compilazione del presente blog.
Per fare questo è indispensabile però premettere che nei confronti dell'ortografia del sassarese esistono due atteggiamenti fondamentali. Per essere più chiari, e semplificando al massimo, diremo che c'è chi sostiene la tesi di una ortografia etimologica e chi come noi, invece, sostiene quella di un'ortografia fonetica.

I glottologi ci scuseranno per questa nostra elementare quanto impropria suddivisione.

I sostenitori della ORTOGRAFIA ETIMOLOGICA:
ritengono che sia più opportuno scrivere in dialetto tenendo conto di alcuni particolari che restano legati al termine da cui ha avuto origine la parola sassarese, anche se tale parola, così scritta, si discosta notevolmente dal suono dialettale.
Pertanto scriveranno
còrthu (corto) mantenendo il nesso etimologico rt italiano;
balchòni (finestra, balcone) mantenendo il nesso lt.;
pòstha (posta) mantenendo il nesso st.
Non solo, ma la loro fedeltà all'etimologia arriva persino ad indurli a riportare nel termine dialettale lo scempiamento delle consonati geminate doppie, in rispetto alla struttura della parola originaria italiana da cui deriva. Così scriveranno:

amàdu da amato, (che ha una sola t);
ròda da ruota, (che ha una sola t);
lògu da luogo, (che ha una sola g);
fògu da fuoco, (che ha una sola c).
Fra i sostenitori di questa tendenza dobbiamo segnalare i due vocabolaristi Muzzo e Lanza. è pertanto evidente che i loro dizionari sono stati compilati nel rispetto di tale concezione.

I sostenitori dell'ORTOGRAFIA FONETICA (tra cui spicca Bazzoni):
ritengono che bisognerebbe scrivere in dialetto rispettando per quanto è possibile ciò che suggerisce il suono nelle parole.

RICORDANDO CHE ALCUNI SUONI RENDONO IL SASSARESE ASSOLUTAMENTE UNICO AL MONDO .....
Nel dialetto di Sassari esistono dei fonemi con suoni particolari non riproducibili dalle normali lettere del nostro alfabeto o da altri segni diacritici tradizionali
Le espirate laterali di isthìu: estate, vistha: vista, còsthu o còrthu: corto
Le espirate gutturali di bàscha o bàrcha: barca, pòschu o pòrchu: porco)

Allora, quelli dell' ORTOGRAFIA FONETICA, pensano di ricorrere in questi casi all'uso uniforme di una s che preceda i gruppi di lettere th, dh, ch, gh pensando di avvicinarsi così il più possibile (a nostro avviso a ragione) ai suoni dialettali delle espirate pòsthu, bàscha, càsdhu ecc.(porto, barca, caldo).

Inoltre, pensano che si debbano raddoppiare le consonanti, anche nella forma scritta, quando lo suggerisce la pronuncia. Scriveranno pertanto
amàddu e non amàdu (amato)
ròdda e non ròda (ruota)
fòggu e non fògu (fuoco)
così come indica la pronuncia.

Non bisogna però dimenticare che il principio della trasposizione scritta del suono va rispettato, come si è detto, "per quanto è possibile"; ovverosia, come consiglia un eminente dialettologo, va rispettato salvo i casi in cui crei dubbi o confusione.
Uno di questi casi si verifica con l'uso delle cosiddette consonanti mutevoli del nostro dialetto. Vediamo in breve di che si tratta.
Nel sassarese parlato alcune consonanti, a seconda dei casi, assumono un suono diverso da quello originario etimologico. Il fenomeno si può verificare sia quando dette consonanti si trovino all'inizio di parola, sia quando si trovino al suo interno.
Facciamo degli esempi:
carru che diventa lu garru
paracarru che diventa paraggarru
culu che diventa guru
ventu che diventa lu bentu
paraventu che diventa parabentu
Il problema non esiste per quanto riguarda la presenza di tali consonanti all'interno di una parola, giacché i sostenitori del sistema ortografico fonetico scriveranno la parola con la consonante che suggerisce la pronuncia, ossia il suono della parola; scriveranno cioè paraggàrru e parabentu senza tema di complicazioni di sorta.
Il problema esiste invece quando si tratta delle consonanti mutevoli iniziali di parola. Se si dovesse procedere anche in questo caso scrivendo la parola con la consonante mutata si andrebbe incontro a veri dubbi e a molta confusione.
Accadrebbe per esempio che potremmo trovare a brevissima distanza una stessa parola scritta in due modi diversi.
Ad esempio nella frase"La casa di la mamma" avremmo la seguente ortografia: "La gàsa di ra mamma" dove l'articolo la verrebbe scritto una volta con la elle (La) ed una volta con la erre ( ra). Altre frasi come "Pani a lu pani e vinu a lu vinu": "Pani a ru bàni e vinu a ru binu" evidenziano altresì come le parole pani e vinu risulterebbero, solo a distanza di qualche centimetro, scritte in maniera diversa.

Il problema può essere superato seguendo una norma piuttosto semplice già formulata da qualcuno:
si scriveranno così come si pronunciano tutte quelle consonanti mutevoli che vengano a trovarsi all'interno di una parola
( paraggàrru, parabèntu, caròri),
si scriveranno le stesse lettere per quello che sono originariamente tutte le volte che vengano a trovarsi all'inizio di parola (ventu, lu ventu; casa, la casa) anche se verranno pronunciate con suono sensibilmente mutato.

Liberamente tratto dal Dizionario G. P. Bazzoni ed opportunamente adattato al contesto del blog.